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Se la ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti pensa di risolvere la questione della casalinghità con il "Bonus casalinghe 2020" di prossima uscita, che prevede corsi di formazione al lavoro e non soldi, dimostra poca conoscenza del lavoro domestico così come è stato disposto dalla Corte Costituzionale nel 1995 (Sentenza Corte Costituzionale n°28 del 19/01/1995 con sui si definisce che "L'attività casalinga è a tutti gli effetti un lavoro, da cui l'intera comunità trae innegabili vantaggi"), oltre che una politica anticostituzionale, discriminatoria e sessista.
Il succitato Bonus è un provvedimento anticostituzionale in riferimento all'art.1 della Costituzione per cui l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, individuando nel "lavoro", senza alcuna restrizione terminologica, la pietra miliare della dignità umana. Discriminatorio e sessista dal momento che a causa del Covid e non solo, moltissimi uomini per scelta o condizioni di vita hanno riscoperto il lavoro domestico e familiare, come attesta l'Associazione Uomini Casalinghi di Pietrasanta (LC) fondata nel 2003 e l'indagine ISTAT sulla povertà (2009 - https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-8-2019-001074_IT.html).
E non ci illudiamo che sia sufficiente la misura in vigore dal 1997 quale il FONDO INPS PER CASALINGHE/I per cui è necessario versare periodicamente dei soldi, qualora si riesca, per vedere uno straccio di pensione...
Con la petizione si esercita il diritto di sovranità popolare (art.1 Costituzione italiana) e si chiede di colmare il vuoto legislativo concernente l'attività di casalinga con l'erogazione di un salario minimo garantito, il versamento dei contributi da parte dello Stato e quanto altro occorra alla tutela della suddetta categoria lavorativa di cittadini italiani, al fine di non incorrere nelle cosiddette forme di "lavoro nero".
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